Scrivere nel 2019 presuppone conoscenze e competenze classiche e tradizionali.
Saper scrivere implica l'aver letto, l'aver studiato ed in genere l'essersi formati.
Il tutto avendo mantenuto, e qui viene il difficile, il proprio sguardo unico nei confronti del mondo e di tutti quei dettagli che solo in chi scrive diventano storie, personaggi, emozioni eterne.
Nel mentre sono cambiati i mezzi di scrittura, di editing e di diffusione del prodotto letterario e sono cambiati i profili di questi strani personaggi, gli scrittori, che traggono come me fonte di relazione dai social e creano Premi, corsi e partecipano ad eventi esclusivi.
Il tutto in una società che ci vuol, invece, non pensanti.
L'ispirazione, il talento, il non spiegabile si devono mescolare bene alla conoscenza della forma, della tecnica e degli autori, ma soprattutto non si deve perdere quella grande aspirazione al verticale, al metafisico in ciascuno di noi.
Tra l'altro non mi trovo in spiaggia, bensì alla luce potente di uno schermo del personal computer.
Direi ardua l'impresa di non perdere quello sguardo incantato da scrittrice quando la tua vista è praticamente andata.
Si continua, perché insomma non resta all'operato della penna che usare la penna. Ergo il blogger si rimette comunque sul suo blog, nonostante sia appena nato e la vista non possa di certo trovar giovamento da tale recidività.
Di qui il concetto di necessità? Forse solo quello di un'estrema volontà, di un moto interiore passionale che trova nell'espressione e nella realizzazione di sé l'unica pace.
Non importa quanti premi tu abbia vinto o quanti risultati tu abbia ottenuto.
Non conta neanche ciò che non hai fatto, quanti pezzettini mancanti evidenzino vuoti e solitudini e quante parole non saranno mai davvero dette né trascritte.
Se sei uno scrittore, scrivi.
Se sei vivo, vivi.
Non mi chiederei altro. La letteratura ha ancora una funzione?
La poesia non è un'arte superata?
Il senso è solo nell'agire e nel dare oggi, nell'essere i nuovi giganti stessi e non quei nani sulle spalle dei giganti. Non giustifichiamo l'ignoranza e rendiamoci quel miracolo che il filosofo Kierkegaard chiamava eterno presente.
(...) Gli uomini hanno il dono della parola.
Le grandi menti ce ne parlano, a ragione ancor oggi, di questo linguaggio attivo e di questa parola che si fa azione. Parliamo, scriviamo, pensiamo.
L'arte di essere è ancora il fil rouge principe di ogni letteratura basata sull'uomo.
Scrivo onestamente queste parole senza leggerle, non potendo far altro. Tuttavia in questo tempo, come in ogni tempo, ciò che deve essere espresso trova la sua via per arrivare.
Saper scrivere implica l'aver letto, l'aver studiato ed in genere l'essersi formati.
Il tutto avendo mantenuto, e qui viene il difficile, il proprio sguardo unico nei confronti del mondo e di tutti quei dettagli che solo in chi scrive diventano storie, personaggi, emozioni eterne.
Nel mentre sono cambiati i mezzi di scrittura, di editing e di diffusione del prodotto letterario e sono cambiati i profili di questi strani personaggi, gli scrittori, che traggono come me fonte di relazione dai social e creano Premi, corsi e partecipano ad eventi esclusivi.
Il tutto in una società che ci vuol, invece, non pensanti.
L'ispirazione, il talento, il non spiegabile si devono mescolare bene alla conoscenza della forma, della tecnica e degli autori, ma soprattutto non si deve perdere quella grande aspirazione al verticale, al metafisico in ciascuno di noi.
Tra l'altro non mi trovo in spiaggia, bensì alla luce potente di uno schermo del personal computer.
Direi ardua l'impresa di non perdere quello sguardo incantato da scrittrice quando la tua vista è praticamente andata.
Si continua, perché insomma non resta all'operato della penna che usare la penna. Ergo il blogger si rimette comunque sul suo blog, nonostante sia appena nato e la vista non possa di certo trovar giovamento da tale recidività.
Di qui il concetto di necessità? Forse solo quello di un'estrema volontà, di un moto interiore passionale che trova nell'espressione e nella realizzazione di sé l'unica pace.
Non importa quanti premi tu abbia vinto o quanti risultati tu abbia ottenuto.
Non conta neanche ciò che non hai fatto, quanti pezzettini mancanti evidenzino vuoti e solitudini e quante parole non saranno mai davvero dette né trascritte.
Se sei uno scrittore, scrivi.
Se sei vivo, vivi.
Non mi chiederei altro. La letteratura ha ancora una funzione?
La poesia non è un'arte superata?
Il senso è solo nell'agire e nel dare oggi, nell'essere i nuovi giganti stessi e non quei nani sulle spalle dei giganti. Non giustifichiamo l'ignoranza e rendiamoci quel miracolo che il filosofo Kierkegaard chiamava eterno presente.
(...) Gli uomini hanno il dono della parola.
Le grandi menti ce ne parlano, a ragione ancor oggi, di questo linguaggio attivo e di questa parola che si fa azione. Parliamo, scriviamo, pensiamo.
L'arte di essere è ancora il fil rouge principe di ogni letteratura basata sull'uomo.
Scrivo onestamente queste parole senza leggerle, non potendo far altro. Tuttavia in questo tempo, come in ogni tempo, ciò che deve essere espresso trova la sua via per arrivare.
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